venerdì 13 maggio 2011

L’origine del fuoco in Thailandia

I Tai hanno una tradizione secondo la quale un diluvio distrusse tutta l’umanità tranne un ragazzo e una ragazza, che si salvarono saltando in una zucca. Dalla discendenza di questa coppia, dice la storia, provengono tuti gli abitanti del mondo d’oggi. Ma a quei tempi, quando le acque si ritirarono, i sette ragazzi figli della prima coppia non avevano il fuoco. Decisero allora di inviare in cielo uno di loro a prenderne un po’. Al loro messaggero fu dato un po’ di fuoco dallo spirito del cielo, ma sul cancello del palazzo celeste la sua torcia si spense. Ritornò allora sulla soglia del palazzo e riaccese la sua torcia, ma per la seconda volta il fuoco si spense. Una terza volta fu accesa la sua torcia, e il messaggero aveva già percorso metà del cammino verso la terra quando il fuoco si spense per la terza volta. Il messaggero ritornò sulla terra, e informò del suo insuccesso ai fratelli. Essi tennero un’assemblea e decisero di inviare il serpente e il gufo a chiedere il fuoco. Ma lungo il cammino il gufo si fermò al primo villaggio a caccia di topi, il serpente indugiò nella paludi a caccia di rane e nessuno si preoccupò della sua missione. I sette fratelli tennero allora una seconda assemblea, e questa volta si affidarono al tafano. Il tafano accettò, ma, prima di entrare in azione, dettò le sue condizioni. “In cambio delle mie sofferenze”, disse, “estinguerò la mia sete sulle cosce dei bufali e sui polpacci dei nobili e dei semplici”. I fratelli dovettero accettare queste condizioni. Quando il tafano arrivò in cielo, il Cielo gli chiese: “Dove sono i tuoi occhi? E dove sono le tue orecchie?”. I Tai credono infatti che gli occhi del tafano non si trovino sulla testa, ma nella giuntura delle ali, e questa peculiarità anatomica era apparentemente sconosciuta in cielo. “I miei occhi”, replicò il tafano, “sono esattamente dove si trovano gli occhi degli altri, e così le miei orecchie”. “Allora”, incalzò il Cielo, “dove ti rinchiuderai in modo da non vedere niente?”. L’astuto tafano rispose: “Attraverso i lati di una brocca posso vederci come se non ci fossero; se invece mi metti in un cestino con degli interstizi, non vedo assolutamente nulla”. Il Cielo sistemò dunque il tafano in un cestino e si accinse a produrre il fuoco con il suo solito sistema. Dal cestino il tafano osservò l’intero processo e, anche se poi la torcia accesa ricevuta dal Cielo si spense lungo il cammino verso la terra, il tafano non se ne preoccupò assolutamente, perché portava con sé il divino segreto della produzione del fuoco.
Al suo ritorno disse ai fratelli che lo aspettavano: “Ascoltate, prendete un pezzo di legno fragile come la gamba di un capriolo e sottile come la barba di un gamberetto; fate un intaglio nel legno, inseritevi una corda e mettetegli della stoppa tutto intorno, come il nido dei piccoli maiali. Poi tirate rapidamente la corda davanti e indietro con entrambe le mani, finché vedrete il fumo arrivarvi in faccia”. I fratelli seguirono scrupolosamente le istruzioni del tafano, e presto da una folata di fumo scaturì del fuoco, cosicché essi poterono cuocere i loro cibi. Ancor oggi gli uomini ottengono il loro fuoco in questo modo, e ancor oggi il tafano estingue la sua sete sulle cosce dei bufali e sui polpacci dei nobli e dei semplici.

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