Nel mondo greco e romano è difficile trovare documenti esaurienti legati all'uso del fuoco, ad esempio molto è stato scritto sull'approvvigionamento di cibo nella città di Roma, ma poco sui rifornimenti di combustibile. Questo non vuol dire che nella società greca e romana il fuoco non sia importante; anzi, i suoi usi erano molteplici, nella religione, nella mitologia e, soprattutto, nella filosofia della natura. Il Pantheon greco comprendeva
Hestia, dea del focolare, ed
Efesto, dio della fornace ardente dei
vasai e dei fabbri; i loro corrispettivi nomi romani erano
Vesta e
Vulcano. Molti filosofi greci indicarono il fuoco come la forza primaria dell'Universo, come
Eraclito che definisce il fuoco come "l'elemento da cui deriva tutto ciò che esiste". In seguito gli scrittori si sono soffermati sull'enorme ruolo che esso ha ricoperto per la civiltà umana: un tema molto amato fu la storia di
Prometeo, l'eroe leggendario che sottrasse il fuoco agli dei per donarlo agli uomini. Con il tempo autori romani come il poeta
Lucrezio, nel
De Rerum Natura - Libro V, e l'architetto
Vitruvio, nel
De Architectura - Libro II, ricorsero a descrizioni più laiche sull'uso del fuoco. Infatti secondo Lucrezio la scoperta del fuoco rientra in una delle tappe fondamentali della storia dell'uomo, mentre secondo Vitruvio l'architettura è nata nel momento stesso in cui gli uomini hanno cominciato a vivere in comunità e a comunicare tra loro, dirette conseguenze derivate dalla scoperta del fuoco, la prima grande tappa dell'umanità. Nel I sec. d.C.,
Plinio il Vecchio stilò la sua opera "
Naturalis Historia" osservando che "non c'è quasi nessun risultato che possa essere raggiunto senza l'ausilio del fuoco". Ma nonostante queste affermazioni, gli studiosi classici hanno rivolto poca attenzione all'uso del fuoco nella vita quotidiana.
Nell'antica Grecia concrete applicazioni del fuoco possono essere osservate solamente in campo militare, soprattutto durante
l'età delle grandi guerre, contro l'Impero Persiano. (V sec.). Lo storico
Erodoto, viaggiatore e narratore della storia del proprio tempo, ci racconta come, nel 499 a.C., i cittadini della città ionica di Mileto si rivoltassero contro gli invasori persiani e, con l'arrivo di rinforzi da altre città greche, come riuscirono a conquistare la città di Sardi, capitale della Lidia, che venne incendiata. Andò in fiamme anche il tempio della dea indigena
Cibele e ciò servì come pretesto ai Persiani di bruciare i santuari greci. Anche durante la seconda guerra, gli eserciti persiani devastavano e bruciavano città ed edifici sacri mentre avanzavano verso Atene dove, dopo un lungo assedio, venne espugnata e nella quale incendiarono l'Acropoli. Nonostante questo, i Greci riuscirono a resistere e a respingere fuori l'Europa l'invasore. Invece
Tucidide, nella "
Guerra del Peloponneso" mostra come il fuoco viene usato in modo maldestro con conseguenze impreviste e, a volte, disastrose. Sembra che il fuoco sia stato usato deliberatamente e con successo solo una volta, ovvero durante l'assedio della città di Delio, quando gli Spartani e i loro alleati costruirono un
grosso tubo di legno e ferro, collegato ad un'enorme caldaia piena di carbone, zolfo e pece ardenti. Con un enorme mantice riuscirono ad usare questo congegno per scagliare le fiamme e appiccare cosi il fuoco alle fortificazioni, costringendo i difensori, gli Ateniesi, a fuggire.
Questa è la prima traccia storica di una macchina sputa-fiamme.
"
segarono per il lungo un grande tronco e lo svuotarono completamente; quindi ricomposero le due metà, come si fa per costruire un flauto; ad una estremità fissarono con catene un braciere collegato con un tubo di ferro che entrava nel tronco; per mezzo di carri l'accostarono al muro, la dove era principalmente costruito con graticci di vite e pali; quando fu vicino soffiarono con grandi mantici nel tronco. L'aria così spinta che, attraverso il tubo di legno giungeva sul braciere pieno di carboni accesi, di zolfo e di pece, sviluppava grandi fiammate con le quali venne incendiato il muro, tanto che nessuno vi poté rimanere" (Tucidide - Guerra del Peloponneso).
Comunque pare che il fuoco venne adoperato solo in casi eccezionali, quando i metodi tradizionali fallivano. Gli usi militari non cambiarono molto quando i Romani stabilirono la loro egemonia sul Mediterraneo. Secondo una leggenda popolare, durante l'assedio di Siracusa, nel 212 a.C., da parte della flotta romana,
Archimede costruì uno
specchio gigantesco per riflettere i raggi del sole e appiccare il fuoco alle navi nemiche. Comuni applicazioni del fuoco, sempre riguardo le tattiche militari, sono l'adopero, da parte degli arcieri, di dardi incendiari, oppure di masse incandescenti lanciate sul nemico mediante
onagri o
catapulte, non tanto per infliggere danni fisici ai nemici quanto ridurne (di molto) il morale.
SPECCHI USTORI DI ARCHIMEDE
L'uso del fuoco non era limitato all'agricoltura e alla guerra. Ma le innovazioni tecniche erano di secondaria importanza e le idee che avrebbero potuto portare applicazioni diverse non riuscivano a diffondersi. Ad esempio, quando
Erone di Alessandria, nel I sec. d.C., costruì un
congegno grazie al quale l'aria calda in espansione prodotta dal fuoco dell'altare di un tempio fu usata per aprire le porte del tempio, ciò fu considerato solo un trucco ingegnoso; non veniva visto come la scoperta di un nuovo principio in base al quale convertire energia termica in energia dinamica.
Nessuna di queste idee riuscì ad aprire varchi nella tecnologia del fuoco paragonabili al primo sviluppo dell'arte ceramica e della metallurgia.
Quindi la preoccupazione sul fuoco si incentrava più sul rischio di incendi che non sull'utilizzo del fuoco come strumento della tecnica, soprattutto nel periodo in cui Roma raggiunse 1 milione di abitanti poiché la crescità della città aumentava i rischi di incendio. Sin da oggi ci sono pervenuti molti documenti che citano catastrofi causati dal fuoco nella città di Roma. Tali eventi portarono, nel 6 d.C., l'imperatore Augusto a riorganizzare il corpo pubblico, già esistente, degli addetti allo spegnimento degli incendi, in un nuovo corpo, i
Vigiles. Ma l'evento più disastroso avvenne nel 64 d.C., quando
Nerone fece appiccare il fuoco con la motivazione di erigere nuovi palazzi, evento la cui colpa fu addotta ai cristiani. Questa catastrofe, che passò sotto il nome di "
Grande incendio di Roma", infuriò per nove giorni e distrusse quasi un terzo della città, lasciando più di 200.000 abitanti senza casa. Questo evento lasciò un'impressione cosi profonda che ne scrissero molti storici romani, come
Svetonio,
Tacito, etc...
Alcuni storici affermano che
la fine dell'Impero romano d'Occidente è stata causata dallo sfruttamento eccessivo delle foreste, infatti queste fornivano la materia prima per le costruzioni e per il combustibile. A causa del disboscamento, diminuiva la disponibilità di legno e il prezzo subì un forte aumento che contribuì all'inflazione che affrettò la crisi. Ciò causò indebolimento della base economica delle società agricole e consequenzialmente ci fu un declino della popolazione che rese sempre più difficile la resistenza contro le incursioni barbariche sui confini.