giovedì 9 giugno 2011

INDICE


--->Energia
--->Guerra

La Macchina a Vapore

A metà del '600 Denis Papin inventa la pentola a pressione: prende una pentola, copre la parte superiore con un coperchio che sia perfettamente aderente ai bordi della pentola, appoggia su di esso una pietra, scalda l'acqua e ad un certo punto il coperchio salta. Egli cerca di dare una spiegazione a questo fenomeno: il fuoco riesce a provocare un cambiamento strutturale dell'acqua facendola diventare vapore, e quest'ultimo occupa maggior volume e esercita una pressione dentro la pentola.
Allora ci si chiede perché l'acqua riscaldata diventa vapore e perché il vapore riesce ad esercitare una forza maggiore dell'acqua.
Thomas Savery, cosi, inventa la prima macchina a vapore, una macchina statica, costituita da un serbatoio in cui l'acqua bolle, e che viene collegato ad un sistema di questo genere:

Questa è la prima pompa a fuoco, una macchina a fuoco che permette di aspirare l'acqua in maniera ciclica, non con mezzi meccanici, ma con mezzi tecnici. Ha operato per molto tempo nelle miniere inglesi. Se la macchina si riscaldava troppo rischiava di esplodere, quindi c'era bisogno di qualcuno che monitorava le valvole. Con questa macchina l'Inghilterra migliorò lo sfruttamento delle risorse minerarie

Pochi anni dopo, Thomas Newcomen, sempre con lo stesso principio, inventa una nuova macchina molto simile a quella di Savery ma con un grande vantaggio: non necessita più di un uomo che le stia accanto.
Newcomen riesce ad introdurre un meccanismo che funziona sempre a depressione. Viene usata una tensione di vapore molto bassa. Ma non è la pressione che fa lavorare il sistema ma la depressione, ottenuta dalla condensazione del vapore.



C'è una caldaia che genera vapore il quale viene raffreddato, condensato da un getto di acqua fredda e, facendo condensare il vapore, lo stantuffo viene schiacciato dalla pressione atmosferica verso il basso. Queste sono dette macchine atmosferiche perché è la pressione atmosferica che lavora.

Per approfondimenti esaustivi:
Le tecnologie dell'aria e del fuoco


Motore a vapore, da Wikipedia

venerdì 13 maggio 2011

METALLURGIA

Chiamata più propriamente scienza dei metalli, è una disciplina concernente lo studio delle proprietà chimico-fisiche dei metalli, del loro comportamento e della tecnica di estrazione dei metalli dai loro minerali, di elaborazione e trattamento dei metalli stessi. 

I primi trattati di metallurgia compaiono a metà del '500. Uno di questi è la "De la Piroteknia" (1540), di Vannoccio Biringucci.
Qualche anno dopo Georg Bauer (Giorgio Agricola) pubblica il "De re metallica" (1556)

Per Approfondimenti esaustivi:
Metallurgia, storia e applicazioni


Metallurgia, da Wikipedia

L'arte dei metalli

Glossario Metallurgia

Fuochi d'Artificio

Da sempre il fuoco affascina le persone, tant'è che spesso è usato negli spettacoli a scopi di intrattenimento, come ad esempio i fuochi d'artificio.
I fuochi d'artificio sono sostanze chimiche capaci di causare reazioni di esplosione. Vengono lanciati in aria e sono accompagnati da fenomeni luminosi e sonori. Nascono con la pirotecnica, l'arte e lo studio della fabbricazione dei fuochi d'artificio. Questi strumenti pirotecnici sono generalmente impiegati per intrattenimento, eventi e feste, soprattutto per l'effetto visivo/sonoro. La composizione di questi esplosivi varia a seconda dell'utilizzo:
-esplosivi da lancio, composti principalmente da polvere nera per cariche di lancio e razzi, per inneschi, micce e spolette;
-esplosivi fulminanti, che producono scoppi violenti accompagnati o no da lampi di luce;
-esplosivi "di spaccata", usati per i fuochi che, raggiunta una carica di lancio, si spaccano proiettando una rosa di colori;

La colorazione dei fuochi pirotecnici è ottenuta aggiungendo alla miscela combustibile un ossidante e un sale che, sublimando, colorano la fiamma del fuoco

 INNOVATION - LA TECNOLOGIA DEI FUOCHI D'ARTIFICIO 

Fuoco di Sant'Antonio

Con tale espressione, nei secoli passati, ci si riferiva a diverse patologie caratterizzate da esantemi cutanei, per la risoluzione dei quali ci si votava a Sant'Antonio, ritenuto grande taumaturgo.
Storicamente come fuoco di Sant'Antonio ci si riferisce alle seguenti malattie:
Herpes zoster
Ergotismo

Erisipela

Fuoco di Sant'Elmo

Il fenomeno prende il nome da Sant'Erasmo di Formia, vescovo e martire, santo patrono dei naviganti. Il nome è dovuto al fatto che il fenomeno spesso appare sulla testa dell'albero maestro delle navi durante i temporali. Secondo una leggenda, quando il Santo venne arso vivo, sotto Diocleziano, sulla cima della pira del rogo si vide comparire una fiamma bluastra, ritenuta dai presenti l'anima del Santo che si innalzava in cielo. In realtà il Fuoco di Sant'Elmo è una scarica elettro-luminescente provocata dalla ionizzazione dell'aria durante un temporale, all'interno di un forte campo elettrico. Sarebbe una specie di plasma, causato dalla massiccia differenza di potenziale atmosferico. Si manifesta come un bagliore brillante, bianco-bluastro, che in alcune circostanze appare come un fuoco che scaturisce da strutture alte e appuntite


Fuoco Greco

Fuoco greco (Υγρό Πυρ) era l’espressione usata, soprattutto dai popoli stranieri, per indicare una miscela esplosiva usata dai bizantini per incendiare il naviglio avversario o tutto quello che poteva essere aggredito dal fuoco. La formula della miscela che componeva il “fuoco greco” non ci è ancora pervenuta; essa era nota soltanto all’imperatore e a pochi artigiani specializzati ed era custodita tanto gelosamente che la legge puniva con la morte chiunque avesse divulgato ai nemici questo segreto.
L'invenzione del fuoco greco è attribuita ad un greco di nome Callinico e oggi si ritiene che sia una miscela di pece, salnitro, zolfo, nafta e calce viva, contenuta in una grande otre di pelle o di terracotta collegato ad un tubo di rame. La miscela veniva spruzzata con la pressione del piede sulle imbarcazioni nemiche oppure conservata in vasi di terracotta che venivano scagliati contro i nemici.
La caratteristica che rendeva temibile il “fuoco greco” era che esso non poteva essere spento con l’acqua, da cui anzi traeva maggior forza, a causa della reazione della calce viva.

Fuoco Fatuo

Il fuoco fatuo si manifesta come una piccola fiammella generalmente di colore bluastro, che appare a livello del terreno in prossimità di cimiteri, paludi e stagni. Il momento migliore per osservarli è nelle fredde sere d'autunno.
Si annoverano pochi testimoni di questa spettrale manifestazione naturale, i quali affermano di come i fuochi fatui siano freddi e ciò farebbe pensare che non si tratta di una vera e propria combustione dei gas. Esistono molte leggende sui fuochi fatui. Nell'antichità si riteneva che questo fenomeno, specie se si verificava presso i cimiteri, fosse la chiara dimostrazione dell'esistenza dell'anima.
Ancora poco si sa di come si origini il fenomeno dei fuochi fatui, anche se l'ipotesi più plausibile è che si tratti di piccole fiamme originate dalla combustione del gas metano e della fosfina dovuta alla putrefazione di resti organici. L'ossidazione del fosfano e metano, prodotto dal decadimento organico, può provocare una luce splendente dovuta a chemiluminescenza. I chimici italiani Luigi Garlaschelli e Paolo Boschetti hanno replicato le luci con l'aggiunta di alcune sostanze chimiche di gas prodotto dalla fermentazione dei composti


L’origine del fuoco in Africa

I Baluba accendono il fuoco per mezzo di un trapano. Dicono che quando il grande spirito, Kabezya Mpungu, creò il primo uomo, che chiamano Kyomba, egli fissò tutti i semi delle piante commestibili nei suoi capelli e, mettendo nelle sue mani legno ed esca, gli insegnò come far scaturire i fuoco da questi oggetti e come cuocere il cibo.
Anche i Bergdama per accendere il fuoco utilizzano un trapano da fuoco, del quale chiamano maschio la parte di legno duro che fa da trivella e femmina la tavola piatta di legno tenero.
Nel Loango dicono che tanto tempo fa un ragno stava tessendo un lungo, lungo filo, e che il vento prese una estremità del filo e la portò in cielo. Allora il picchio si arrampicò lungo il filo e, picchiettando sulla volta celeste, vi praticò dei buchi che noi chiamiamo stelle. Dopo il picchio fu l’uomo ad arrampicarsi lungo il filo fino al cielo per portare sulla terra il fuoco. Ma alcuni dicono che l’uomo trovò il fuoco nel luogo in cui delle lacrime infuocate erano cadute dal cielo.

L’origine del fuoco in Cina

C’è una storia cinese secondo la quale “un grande saggio andò a passeggiare al di là del confine del sole e della luna; vide un albero, e su quest’albero c’era un uccello che a colpi di becco faceva scaturire il fuoco. Il saggio fu colpito dal fuoco, prese un ramo dell’albero e produsse il fuoco con esso; da allora questo grande personaggio fu chiamato "Suy-jin". Ora, sappiamo che in cinese il termine suy indica uno strumento per ottenere il fuoco, e che muhsay indica un utensile per accendere il fuoco con il legno mediante la frizione rotatoria; Suy-jin-she è invece il nome della prima persona che produsse il fuoco a vantaggio degli uomini. Da questo quadro appare chiaro che la scoperta del metodo per accendere il fuoco mediante la frizione del legno è attribuita dalla cultura popolare cinese ad un saggio che vide un uccello produrre il fuoco colpendo un albero con il suo becco.

L’origine del fuoco in Thailandia

I Tai hanno una tradizione secondo la quale un diluvio distrusse tutta l’umanità tranne un ragazzo e una ragazza, che si salvarono saltando in una zucca. Dalla discendenza di questa coppia, dice la storia, provengono tuti gli abitanti del mondo d’oggi. Ma a quei tempi, quando le acque si ritirarono, i sette ragazzi figli della prima coppia non avevano il fuoco. Decisero allora di inviare in cielo uno di loro a prenderne un po’. Al loro messaggero fu dato un po’ di fuoco dallo spirito del cielo, ma sul cancello del palazzo celeste la sua torcia si spense. Ritornò allora sulla soglia del palazzo e riaccese la sua torcia, ma per la seconda volta il fuoco si spense. Una terza volta fu accesa la sua torcia, e il messaggero aveva già percorso metà del cammino verso la terra quando il fuoco si spense per la terza volta. Il messaggero ritornò sulla terra, e informò del suo insuccesso ai fratelli. Essi tennero un’assemblea e decisero di inviare il serpente e il gufo a chiedere il fuoco. Ma lungo il cammino il gufo si fermò al primo villaggio a caccia di topi, il serpente indugiò nella paludi a caccia di rane e nessuno si preoccupò della sua missione. I sette fratelli tennero allora una seconda assemblea, e questa volta si affidarono al tafano. Il tafano accettò, ma, prima di entrare in azione, dettò le sue condizioni. “In cambio delle mie sofferenze”, disse, “estinguerò la mia sete sulle cosce dei bufali e sui polpacci dei nobili e dei semplici”. I fratelli dovettero accettare queste condizioni. Quando il tafano arrivò in cielo, il Cielo gli chiese: “Dove sono i tuoi occhi? E dove sono le tue orecchie?”. I Tai credono infatti che gli occhi del tafano non si trovino sulla testa, ma nella giuntura delle ali, e questa peculiarità anatomica era apparentemente sconosciuta in cielo. “I miei occhi”, replicò il tafano, “sono esattamente dove si trovano gli occhi degli altri, e così le miei orecchie”. “Allora”, incalzò il Cielo, “dove ti rinchiuderai in modo da non vedere niente?”. L’astuto tafano rispose: “Attraverso i lati di una brocca posso vederci come se non ci fossero; se invece mi metti in un cestino con degli interstizi, non vedo assolutamente nulla”. Il Cielo sistemò dunque il tafano in un cestino e si accinse a produrre il fuoco con il suo solito sistema. Dal cestino il tafano osservò l’intero processo e, anche se poi la torcia accesa ricevuta dal Cielo si spense lungo il cammino verso la terra, il tafano non se ne preoccupò assolutamente, perché portava con sé il divino segreto della produzione del fuoco.
Al suo ritorno disse ai fratelli che lo aspettavano: “Ascoltate, prendete un pezzo di legno fragile come la gamba di un capriolo e sottile come la barba di un gamberetto; fate un intaglio nel legno, inseritevi una corda e mettetegli della stoppa tutto intorno, come il nido dei piccoli maiali. Poi tirate rapidamente la corda davanti e indietro con entrambe le mani, finché vedrete il fumo arrivarvi in faccia”. I fratelli seguirono scrupolosamente le istruzioni del tafano, e presto da una folata di fumo scaturì del fuoco, cosicché essi poterono cuocere i loro cibi. Ancor oggi gli uomini ottengono il loro fuoco in questo modo, e ancor oggi il tafano estingue la sua sete sulle cosce dei bufali e sui polpacci dei nobli e dei semplici.

L’origine del fuoco nell’antica India

Nella mitologia vedica si dice che il fuoco sia stato portato sulla terra dal cielo per opera di Matarisvan, personaggio che corrisponde in qualche modo al greco Prometeo. Egli era il messaggero di Vivasant, il primo uomo che offrì un sacrificio, e portò il fuoco perché venisse usato durante i sacrifici, perché, secondo l’opinione degli autori dei Veda, la funzione principale del fuoco non è quella di scaldare l’uomo e di cuocerne il cibo, ma di consumare i sacrifici offerti agli dei.
Quanto i poeti vedici dicono su Matarisvan non permette di definirne la sua personalità, ma, come la sua controparte greca Prometeo, questo personaggio sembra essere concepito non come un uomo saggio che svelò il segreto del fuoco ai suoi rozzi compagni, ma come un semidio che dal cielo lo portò a loro sulla terra, sebbene nella sua leggenda non ci sia accenno al fatto che rubò il fuoco agli dei. Se ci chiediamo a quale fenomeno naturale fosse legato Matarisvan, la risposta più probabile sembra essere che egli fu in origine una personificazione del fulmine, che, scendendo dal cielo, accende il fuoco sulla terra.

L’origine del fuoco nell’antica Grecia

Nella Grecia antica circolava ovunque la storia secondo la quale il grande dio del cielo, Zeus, nascose il fuoco agli uomini, ma che l’ingegnoso eroe Prometeo, figlio del Titano Giapeto, rubò il fuoco alla divinità del cielo e lo recò a terra agli uomini nascosto in un gambo di finocchio. Per questo furto Zeus punì Prometeo inchiodandolo o incatenandolo ad una rupe del Caucaso, e inviando un avvoltoio a divorare ogni giorno e per l’eternità il fegato o il cuore dell’eroe; di notte, infatti, l’organo riacquistava tutto ciò che aveva perso durante il giorno. Prometeo sopportò questa tortura per trenta o tremila anni, finché non venne liberato da Ercole.

L’origine del fuoco in Europa (Normandia)

Molto, molto tempo fa, non c’era fuoco sulla terra e gli uomini non sapevano come procurarselo. Furono tutti concordi nel dire che era necessario andare a prenderlo dal buon dio. Ma il buon dio era molto lontano. Chi avrebbe intrapreso il viaggio? Si rivolsero ai grandi uccelli, ma questi si rifiutarono, e così pure gli uccelli di media grandezza, perfino l’allodola. Mentre si consultavano, il piccolo scricciolo li udì. “Siccome nessun altro vuole andare, ci andrò io stesso”. “Ma tu sei così piccolo!”, dissero, “le tue ali sono così corte! Morirai di stanchezza prima ancora di arrivare”. “Proverò”, disse, “se morirò lungo il cammino tanto peggio per me”.
Così volò via, e volò così bene che raggiunse il buon dio. Il buon dio fu molto sorpreso di vederlo; lo fece riposare sulle sue ginocchia, ma esitò a dargli il fuoco. “Ti brucerai”, gli disse, “prima di raggiungere la terra”. Ma lo scricciolo insisteva. “Molto bene”, disse il buon dio alla fine, “ti darò ciò che mi chiedi. Ma vola tranquillo, non correre troppo velocemente. Altrimenti brucerai le tue penne”.
Lo scricciolo promise di essere prudente, e se ne volò via con gioia verso terra. Mentre era ancora distante, risparmiava la sue forze e non si affrettava; ma quando fu ormai vicino e vide che laggiù tutti stavano guardando verso il cielo in attesa del suo ritorno e lo chiamavano, quasi istintivamente accelerò. E allora accadde ciò che il buon dio gli aveva detto.
Portò il fuoco e il popolo ben presto se ne impossessò, ma al povero scricciolo non era rimasta una penna: erano tutte bruciate! Gli uccelli si raccolsero preoccupati intorno a lui. Ciascuno di loro si tolse una penna per formare al più presto un rivestimento per lo scricciolo. Sin da allora il piumaggio dello scricciolo è maculato. Ci fu solo un disgraziato uccello che non diede nulla, e fu il barbagianni. Tutti gli uccelli corsero a punirlo per la sua durezza di cuore, tanto che fu costretto a nascondersi. Ecco perché esce solo di notte e, se esce di giorno, tutti gli uccelli gli volano incontro e lo costringono a tornare nella cavità del suo albero.
Ancora oggi chiunque uccida uno scricciolo o ne porti via il nido attira il fuoco del cielo sulla sua casa. Come punizione per il suo misfatto potrebbe, per esempio, rimanere orfano e senza casa.

NELLA MITOLOGIA

La mitologia, secondo lo storico e antropologo James Frazer, può venir definita come la filosofia dell’uomo primitivo. Il suo primo tentativo di rispondere a quelle domande generali riguardanti il mondo, le quali senza dubbio si sono imposte al pensiero umano fin dai tempi più antichi e continueranno ad occuparlo fino all’ultimo.

Fra tutte le invenzioni umane, la scoperta della tecnica per accendere il fuoco è stata probabilmente quella più importante e ricca di conseguenze e risale quasi sicurtamente ad un’epoca molto arcaica. I miti che ne attestano la scoperta, proprio in quanto miti, non spiegano quelle realtà che vorrebbero delucidare, tuttavia fanno luce sulle disposizioni mentali degli uomini che li hanno inventati o che vi hanno creduto.

In Europa (Normandia)
Nell'antica Grecia
Nell'antica India
In Thailandia
In Cina
In Africa

I Protagonisti

Di seguito l'elenco di coloro che nella storia hanno lasciato testimonianze sulla tecnica del fuoco:

-Eraclito (535 a.C - 475 a.C.)
-Erodoto (484 a.C. - 425 a.C.)
-Tucidide (460 a.C. - 397 a.C.)
-Archimede di Siracusa (287 a.C. - 212 a.C.)
-Marco Vitruvio Pollione (? - I sec. a.C.)
-Erone di Alessandria (? - ?)
-Tito Lucrezio Caro (98 a.C. - 55 a.C.)
-Ruggero Bacone (1214 ca. - 1294)
-Vannoccio Biringuccio (1480 - 1539 ca.)
-Georg Bauer (1490 - 1555)
-Thomas Savery (1650 - 1715)
-Thomas Newcomen (1664 ca. - 1729)
-Matthew Boulton (1728 - 1809)
-James Watt (1736 - 1819)
-Johan Edvard Lundström (1815 - 1888)

ICONOGRAFIA

ARTE:

L'angelo del fuoco - R. Lanfranchi, 1987
  • Tempera e acrilico su tavola
  • 90 X 130 cm
Il colore rosso è nell'arte cristiana medievale il colore del fuoco. Questo angelo fiammeggiante nella notte lancia un raggio di luce che infuoca il mare.


LIBRO:

La lingua del fuoco - Don Winslow, 2010


FRANCOBOLLO:

 Corpo nazionale dei vigili del fuoco - Italia, 1999


FUMETTO:

 Naruto Shippuden Vol.40, 2010


ARTICOLO DI GIORNALE:

Articolo di giornale de Il Mattino, 2010


FILM:


   Il Regno del Fuoco (Reign of Fire) - Rob Bowman, 2002
 

lunedì 9 maggio 2011

Nell'età industriale - XIX sec. - XX sec. Parte 2

Prodotto tipico della produzione in serie di articoli fabbricati industrialmente fu il fiammifero di sicurezza.. La storia del fiammifero come strumento per creare il fuoco iniziò nel XVII sec., con la scoperta del fosforo. Vi è un sincronismo tra il suo sviluppo e quello della macchina a vapore. I progressi della tecnologia specialistica e della scienza crearono le condizioni per una ricerca deliberata di nuovi congegni per accendere il fuoco, più economici da produrre e meno ingombranti da azionare della scatola contenente l'esca, l'acciarino e la pietra focaia. Verso la fine del XVIII sec., furono inventati vari tipi di fiammiferi contenenti fosforo. Ma nonostante le migliorie, essi continuarono a essere insoddisfacenti sotto vari aspetti. Sprigionavano una pioggia di scintille quando venivano accesi e potevano prendere fuoco spontaneamente con facilità, a causa di un movimento brusco o se accidentalmente esposti al sole; inoltre la testa era fatta di un materiale (il fosforo giallo) altamente tossico. Questi svantaggi furono finalmente superati nel 1852 con l'invenzione, brevettata dal fabbricante svedese J. Lundström, del fiammifero di sicurezza, che si accendeva solo se veniva strofinato contro la superficie di una scatola (una superficie contenente il fosforo rosso). Il fiammifero di sicurezza metteva il fuoco alla portata di tutti con un rischio minimo di incidenti e a un costo che divenne, in breve, insignificante. La loro grande importanza è dovuta al fatto che hanno reso il fuoco disponibile a tutti in qualsiasi momento.


Nel corso del XX secolo il panorama industriale è cambiato completamente: non è più dominato da ciminiere di fabbriche, e la presenza del fuoco e del fumo si ridusse. Questi cambiamenti sono dovuti alla scomparsa della forza vapore come fonte primaria di energia nell'industria. Essa è stata sostituita da altre fonti come il petrolio, il gas e l'elettricità. Nonostante tutto i metodi di produzione dell'industria sono ad alta concentrazione di carburante, quindi il fuoco continua a svolgere un ruolo fondamentale. Gran parte dell'energia che viene consumata - inclusa l'elettricità - deriva dai combustibili fossili. I processi di combustione continuano ad avere un ruolo centrale, ma sono relegati in speciali contenitori cosicché la popolazione non sia esposta al contatto con il fuoco. In questo modo, i rischi sono ridotti al minimo.
I prodotti tipici della moderna industria ad alta concentrazione di carburante sono le automobili, con motori destinati ad essere azionati da processi di combustione accuratamente regolati e controllabili in ogni singola fase. Le automobili vengono messe in moto da propellente fossile in combustione. Sono fatte di acciaio, plastica e vetro, ovvero materiali prodotti ad alte temperature.


Un vantaggio molto importante delle nuove fonti di energia, rispetto al legname e al vapore, e che possono essere applicate con maggiore flessibilità. I combustibili sono più facili da trasportare e da distribuire e poi, assicurate le necessarie attrezzature tecniche, il gas, il petrolio e l'elettricità forniscono flussi di energia molto regolari e controllabili in maniera accurata. Inoltre, i rischi del fuoco sono stati gradualmente ridotti.

Nell'età industriale - XVIII sec. - XIX sec. Parte 1

L'inizio dell'età industriale fu caratterizzato da un'intensificazione sull'uso del fuoco: vennero costruite nuove fornaci con ciminiere e il fuoco fu usato anche per azionare motori e veicoli. L'industrializzazione fu la terza importante trasformazione ecologica avviata dagli umani, dopo l'addomesticamento originario del fuoco e la nascita dell'agricoltura e dell'allevamento. L'industrializzazione si presenta come un insieme di innovazioni. Di grande importanza fu, ancora una volta, l'inglobamento di fonti naturali che in precendenza erano estranee al mondo umano. Queste fonti naturali erano fonti di energia non sfruttate accumulate in combustibili fossili. L'uso del carbone e poi del petrolio e di gas permise all'uomo di sfruttare una grande varietà di altre fonti minerali, dal ferro al plutonio. Si pensa comunemente che l'evento cruciale della Rivoluzione Industriale sia l'uso della macchina a vapore, ma alcuni storici affermano che il ruolo avuto da questa sia stato sopravvalutato. Infatti alcune fabbriche inglesi di seta utilizzavano strumenti meccanici azionati dalla forza dell'acqua. Le macchine a vapore invece venivano usate nelle miniere e il loro ruolo nel processo produttivo era ancora modesto. Il culmine delle macchine a vapore giunse solo nella seconda metà dell'Ottocento. A quel punto, le fabbriche con motori azionati ad acqua o vento non poterono più competere con quelle dotate di forza vapore. Questa competizione costrinse i proprietari di mulini ad acqua a potenziare al massimo l'efficienza dei loro impianti. Un effetto simili si vide anche in campo marittimo, con l'introduzione delle navi a vapore. Infatti, in seguito, venne sviluppato un nuovo tipo di nave a vela, il clipper, che per molti decenni fu veloce quanto una nave a vapore.
La produzione di forza vapore richiedeva investimenti più cospicui rispetto all'energia eolica e idrica che era gratuita. Ma nonostante ciò, l'acqua e il vento erano due fonti che rendevano l'uomo troppo dipendente dalle condizioni atmosferiche, mentre per quanto riguarda la forza vapore, l'uomo era legato alla natura solo per le scorte di carbone. Quindi con la forza vapore gli uomini si resero meno dipendenti dalla natura

domenica 8 maggio 2011

Nell'Europa preindustriale - XIII sec. - XVIII sec.

La scomparsa finale del fuoco greco fu affrettata dall'avvento di un nuovo genere di arma incendiaria: il cannone caricato a polvere da sparo. Nonostante la pericolosità per chi lo maneggiava, questo tipo di arma apriva una nuova serie di opportunità per l'artiglieria. Nel 1453 Costantinopoli cadde sotto i proiettili sparati dai cannoni turchi. Anche nell'ultima battaglia i Bizantini usarono armi incendiarie, ma inutili dinanzi la potenza dei cannoni e della dura disciplina militare turca.


Questi cannoni, comunque, erano troppo avanzati per l'epoca, poiché univano un grosso calibro alla lunga gittata. Poi, non potevano reggere il confronto con l'artiglieria messa a punto successivamente, perché il caricamento richiedeva tempi lunghi, la mira non era precisa e ad ogni sparo c'era il rischio che tutto l'apparato esplodesse; inotre la macchina era cosi ingombrante da rendere il trasporto impossibile, per cui le armi venivano abbandonate sul campo. Questo ci fa capire come il valore delle realizzazioni tecniche dipenda dal contesto storico. I cannoni venivano costruiti in base al principio che se si riusciva a far esplodere un composto fortemente volatile in una camera di caricamento, la forza dell'esplosione sarebbe stata in grado di spedire un proiettile contro il nemico. Il punto cruciale riguardava la combinazione di una sostanza esplosiva (la polvere) con un solido congegno metallico in cui potesse avvenire l'esplosione. Quando la polvere da sparo fu conosciuta in Europa occidentale, alcuni inventori si applicarono allo studio di un sistema che permettesse di regolare le esplosioni in modo da utilizzare l'energia da essa rilasciata, per motori a propulsione. Ma per molto tempo, nemmeno le menti più brillanti riuscirono a risolvere il problema. Solo nel XVIII secolo furono inventate le armi automatiche, come la mitragliatrice, nella quale si realizzava una sequenza rapida e uniforme di esplosioni. Nel XIX secolo lo stesso principio fu applicato per il motore a scoppio; in questo caso il combustibile che produceva esplosioni rapide e regolari non era polvere da sparo ma nafta o benzina. Oltre ai fuochi artificiali, gli usi della polvere da sparo rimasero esclusivamente bellici. In Europa prese piede una corsa alle armi nella quale una fiorente industria bellica riforniva l'artiglieria degli eserciti in guerra di cannoni sempre più sicuri e la fanteria di fucili a mano e pistole sempre più efficienti. I progressi nella tecnologia dell'attacco portarono innovazioni nella difesa, come muri di terra capaci di intercettare le palle di cannone.

Nell'Europa preindustriale - VII sec. - XII sec.

In questo arco di tempo, la società dell'Europa occidentale iniziò gradualmente a discostarsi dal modello agricolo-militare prevalente nella maggior parte dell'Eurasia. Questo sviluppo si verificò a causa del contatto con altre regioni. Durante i primi cinque secoli, gli europei furono destinatari di un patrimonio culturale derivante da Bizantini, Arabi, Indiani e Cinesi. Ma in seguito la situazione si rovesciò e l'Europa finì per esercitare una crescente influenza sul resto del mondo. In questi periodi il controllo del fuoco non svolse un ruolo indipendente. Importante in quest'epoca è il ruolo che svolge la religione. Alcuni storici affermano che la caduta dell'Impero romano portò alla formazione di tre zone socio-culturali all'interno del suo antico territorio: il mondo della Chiesa greco-ortodossa, dominata da Bisanzio; il mondo della Chiesa cattolica di Roma; e il mondo musulmano. Questa divisione fu stabilità, non tanto dai missionari, quanto dalla potenza militare. In questo periodo infatti sorgono nuove tecnologie militari. Un'arma temibile nelle battaglie fu il "fuoco greco". Secondo una leggenda, la marina di Bisanzio, a partire dal VII secolo, possedeva questa terribile arma con cui era possibile avere la meglio su qualsiasi nemico. Le navi erano equipaggiate con bocche sputa-fuoco da cui poteva essere sparato un liquido in fiamme. Il fuoco non si spegneva con l'acqua ma continuava a bruciare. Le navi colpite si incendiavano. Grazie a quest'arma, l'espansione araba sul Mediterraneo fu arrestata per ben due volte. Il liquido fiammeggiante veniva di solito descritto come una miscela di zolfo, salnitro, nafta e altro, ma gli storici della scienza e della tecnologia pensano che il liquido sia composto da una varietà altamente infiammabile di olio crudo o una sua distillazione. Durante il combattimento erano necessari congegni adeguati per riscaldare l'olio in un contenitore sigillato e, con una pompa, scagliarlo contro il nemico appena raggiungeva lo stato di accensione. Comunque il fuoco greco rimase un'arma esclusiavamente bizantina, segreta ai nemici, tanto da indurre gli Arabi ad utilizzare l'amianto e altri materiali resistenti al fuoco. Progettarono armature e strategie sempre più efficaci per difendersi dagli assalti del fuoco greco. Inoltre inventarono granate e altre armi incendiarie proprie. Fu questo insieme di armi arabe e bizantine che i crociati d'Occidente denominavano "fuoco greco". Per i crociati, provenienti da zone prive di sostanze facilmente infiammabili, il primo scontro con le armi incendiarie fu una terribile sorpresa. Tuttavia, poco tempo dopo, anche gli eserciti cristiani cercarono di servirsene. Dopo il XII secolo, sembra che l'uso del fuoco greco sia diminuito, probabilmente per l'indebolimento dell'Impero bizantino, oppure per la limitata capacità del fuoco greco poiché era un'arma a corto raggio e, soprattutto, poteva essere usata efficacemente, in stabili condizioni atmosferiche, sono in mare. Un'altra motivazione potrebbe essere stato l'impego da parte degli Arabi e di altri rivali militari di armi incendiarie più efficaci che resero obsoleto il fuoco greco.


domenica 1 maggio 2011

Dalla Grecia a Roma - IX sec a.C. - V sec. d.C.

Nel mondo greco e romano è difficile trovare documenti esaurienti legati all'uso del fuoco, ad esempio molto è stato scritto sull'approvvigionamento di cibo nella città di Roma, ma poco sui rifornimenti di combustibile. Questo non vuol dire che nella società greca e romana il fuoco non sia importante; anzi, i suoi usi erano molteplici, nella religione, nella mitologia e, soprattutto, nella filosofia della natura. Il Pantheon greco comprendeva Hestia, dea del focolare, ed Efesto, dio della fornace ardente dei vasai e dei fabbri; i loro corrispettivi nomi romani erano Vesta e Vulcano. Molti filosofi greci indicarono il fuoco come la forza primaria dell'Universo, come Eraclito che definisce il fuoco come "l'elemento da cui deriva tutto ciò che esiste". In seguito gli scrittori si sono soffermati sull'enorme ruolo che esso ha ricoperto per la civiltà umana: un tema molto amato fu la storia di Prometeo, l'eroe leggendario che sottrasse il fuoco agli dei per donarlo agli uomini. Con il tempo autori romani come il poeta Lucrezio, nel De Rerum Natura - Libro V, e l'architetto Vitruvio, nel De Architectura - Libro II, ricorsero a descrizioni più laiche sull'uso del fuoco. Infatti secondo Lucrezio la scoperta del fuoco rientra in una delle tappe fondamentali della storia dell'uomo, mentre secondo Vitruvio l'architettura è nata nel momento stesso in cui gli uomini hanno cominciato a vivere in comunità e a comunicare tra loro, dirette conseguenze derivate dalla scoperta del fuoco, la prima grande tappa dell'umanità. Nel I sec. d.C., Plinio il Vecchio stilò la sua opera "Naturalis Historia" osservando che "non c'è quasi nessun risultato che possa essere raggiunto senza l'ausilio del fuoco". Ma nonostante queste affermazioni, gli studiosi classici hanno rivolto poca attenzione all'uso del fuoco nella vita quotidiana.

 Nell'antica Grecia concrete applicazioni del fuoco possono essere osservate solamente in campo militare, soprattutto durante l'età delle grandi guerre, contro l'Impero Persiano. (V sec.). Lo storico Erodoto, viaggiatore e narratore della storia del proprio tempo, ci racconta come, nel 499 a.C., i cittadini della città ionica di Mileto si rivoltassero contro gli invasori persiani e, con l'arrivo di rinforzi da altre città greche, come riuscirono a conquistare la città di Sardi, capitale della Lidia, che venne incendiata. Andò in fiamme anche il tempio della dea indigena Cibele e ciò servì come pretesto ai Persiani di bruciare i santuari greci. Anche durante la seconda guerra, gli eserciti persiani devastavano e bruciavano città ed edifici sacri mentre avanzavano verso Atene dove, dopo un lungo assedio, venne espugnata e nella quale incendiarono l'Acropoli. Nonostante questo, i Greci riuscirono a resistere e a respingere fuori l'Europa l'invasore. Invece Tucidide, nella "Guerra del Peloponneso" mostra come il fuoco viene usato in modo maldestro con conseguenze impreviste e, a volte, disastrose. Sembra che il fuoco sia stato usato deliberatamente e con successo solo una volta, ovvero durante l'assedio della città di Delio, quando gli Spartani e i loro alleati costruirono un grosso tubo di legno e ferro, collegato ad un'enorme caldaia piena di carbone, zolfo e pece ardenti. Con un enorme mantice riuscirono ad usare questo congegno per scagliare le fiamme e appiccare cosi il fuoco alle fortificazioni, costringendo i difensori, gli Ateniesi, a fuggire. Questa è la prima traccia storica di una macchina sputa-fiamme.

"segarono per il lungo un grande tronco e lo svuotarono completamente; quindi ricomposero le due metà, come si fa per costruire un flauto; ad una estremità fissarono con catene un braciere collegato con un tubo di ferro che entrava nel tronco; per mezzo di carri l'accostarono al muro, la dove era principalmente costruito con graticci di vite e pali; quando fu vicino soffiarono con grandi mantici nel tronco. L'aria così spinta che, attraverso il tubo di legno giungeva sul braciere pieno di carboni accesi, di zolfo e di pece, sviluppava grandi fiammate con le quali venne incendiato il muro, tanto che nessuno vi poté rimanere" (Tucidide - Guerra del Peloponneso).

Comunque pare che il fuoco venne adoperato solo in casi eccezionali, quando i metodi tradizionali fallivano. Gli usi militari non cambiarono molto quando i Romani stabilirono la loro egemonia sul Mediterraneo. Secondo una leggenda popolare, durante l'assedio di Siracusa, nel 212 a.C., da parte della flotta romana, Archimede costruì uno specchio gigantesco per riflettere i raggi del sole e appiccare il fuoco alle navi nemiche. Comuni applicazioni del fuoco, sempre riguardo le tattiche militari, sono l'adopero, da parte degli arcieri, di dardi incendiari, oppure di masse incandescenti lanciate sul nemico mediante onagri o catapulte, non tanto per infliggere danni fisici ai nemici quanto ridurne (di molto) il morale.

SPECCHI USTORI DI ARCHIMEDE



L'uso del fuoco non era limitato all'agricoltura e alla guerra. Ma le innovazioni tecniche erano di secondaria importanza e le idee che avrebbero potuto portare applicazioni diverse non riuscivano a diffondersi. Ad esempio, quando Erone di Alessandria, nel I sec. d.C., costruì un congegno grazie al quale l'aria calda in espansione prodotta dal fuoco dell'altare di un tempio fu usata per aprire le porte del tempio, ciò fu considerato solo un trucco ingegnoso; non veniva visto come la scoperta di un nuovo principio in base al quale convertire energia termica in energia dinamica.
 

Nessuna di queste idee riuscì ad aprire varchi nella tecnologia del fuoco paragonabili al primo sviluppo dell'arte ceramica e della metallurgia. 
Quindi la preoccupazione sul fuoco si incentrava più sul rischio di incendi che non sull'utilizzo del fuoco come strumento della tecnica, soprattutto nel periodo in cui Roma raggiunse 1 milione di abitanti poiché la crescità della città aumentava i rischi di incendio. Sin da oggi ci sono pervenuti molti documenti che citano catastrofi causati dal fuoco nella città di Roma. Tali eventi portarono, nel 6 d.C., l'imperatore Augusto a riorganizzare il corpo pubblico, già esistente, degli addetti allo spegnimento degli incendi, in un nuovo corpo, i Vigiles. Ma l'evento più disastroso avvenne nel 64 d.C., quando Nerone fece appiccare il fuoco con la motivazione di erigere nuovi palazzi, evento la cui colpa fu addotta ai cristiani. Questa catastrofe, che passò sotto il nome di "Grande incendio di Roma", infuriò per nove giorni e distrusse quasi un terzo della città, lasciando più di 200.000 abitanti senza casa. Questo evento lasciò un'impressione cosi profonda che ne scrissero molti storici romani, come Svetonio, Tacito, etc...

Alcuni storici affermano che la fine dell'Impero romano d'Occidente è stata causata dallo sfruttamento eccessivo delle foreste, infatti queste fornivano la materia prima per le costruzioni e per il combustibile. A causa del disboscamento, diminuiva la disponibilità di legno e il prezzo subì un forte aumento che contribuì all'inflazione che affrettò la crisi. Ciò causò indebolimento della base economica delle società agricole e consequenzialmente ci fu un declino della popolazione che rese sempre più difficile la resistenza contro le incursioni barbariche sui confini.

mercoledì 27 aprile 2011

I Vasai e i Fabbri

I Vasai:
Creare oggetti dalla creta o dal metallo rappresentava un "modello" del lavoro produttivo, ma questo lavoro era possibile solo con l'ausilio del fuoco. Infatti con il fuoco si potevano distruggere i composti originari di cui la creta e il metallo erano fatti cosi da creare nuovi oggetti con nuove forme.
La creazione di ceramiche si basava principalmente su due operazioni: modellare un pezzo di argilla in una forma scelta e esporlo al calore perché si indurisse in maniera irreversibile e che non possa più combinarsi chimicamente con l'acqua.
Cuocere vasellame di terracotta divenne una pratica comune solo quando si adottò uno stile di vita sedentario. Inizialmente, la produzione fu affidata a dei specialisti che viaggiavano con i loro strumenti e che cuocevano i loro materiali su fuoco all'aperto. Ma i pezzi ottenuti erano troppo pesanti e fragili per essere maneggiati con facilità. Erano adatti solo a persone che vivevano in insediamenti stabili. In questi insediamenti, i vasai poterono costruire forni nei quali potevano meglio controllare il calore. Inoltre il forno, oltre ad essere uno strumento, un ausilio tecnico, rappresentava anche un investimento capitale. Infatti per usarlo, i vasai necessitavano di rifornimenti regolari di combustibile e argilla.


I Fabbri:
In origine, i metalli grezzi venivano usati come le pietre: come strumenti da taglio, oggetti decorativi o di scambio o (polverizzati) come pigmenti. Ma con l'invenzione della metallurgia, una roccia dura e intrattabile poteva essere trasformata in un metallo flessibile e malleabile. La metallurgia, comunque, sembra aver costituito un'innovazione ancora più grande dell'arte ceramica. Alcuni pensano che la sua origine sia dovuta all'osservazione di processi naturali (eruzione vulcanica), oppure quando l'argilla usata per cuocere vasi conteneva metalli grezzi che si fondevano. Data la sua importanza, la metallurgia venne associata a specialisti: fabbri e minatori. La metallurgia richiedeva un organizzazione più ampia rispetto all'arte ceramica: i cercatori dovevano conoscere i luoghi in cui vi erano metalli, sapere come individuarli e in che modo estrarli. In seguito i metalli adatti per la lega dovevano essere messi in un crogiolo (riscaldato con carbone), colati in stampi, temprati e raffreddati. Erano inoltre necessari una fornace, stampi per la fusione in pietra o creta, molle, mantici, martello e incudine.

Il Fuoco nelle Società Agricole Stanziali - 8.000 anni fa ca.

L'affermarsi dell'agricoltura e l'allevamento del bestiame diede inizio ad una nuova era. Con il passare del tempo, il fuoco cesso di essere il centro della vita del gruppo. Man mano che un maggior numero di persone sceglieva di vivere in villaggi più grandi, l'uso del fuoco divenne più specializzato. La specializzazione portò alla costruzione di diversi tipi di focolare, forni e lampade per una varietà di usi, ma a causa della proliferazione di questi strumenti e della crescente presenza di materiali infiammabili, esso divenne più pericoloso. Nelle campagne il pericolo era minore poiché in caso di incendio, esso si limitava ad un solo edificio. Comunque, la specializzazione del fuoco non sarebbe stata possibile senza l'organizzazione della società. Infatti, per i contadini il fuoco continuava ad essere indispensabile per molti fini, come la cucina o la distruzione di stoppie e rifiuti, quindi l'uso era di carattere pratico. Invece, per i sacerdoti era prevalentemente di carattere rituale. Essi, essendo meno condizionati da problemi concreti (come l'esaurimento del combustibile), poterono sviluppare molte varianti culturali dell'uso del fuoco, ad esempio nell'induismo e nello zoroastrismo si svilupparono rituali altamente specializzati che prevedevano l'uso del fuoco. Ma i maestri del fuoco per eccellenza erano: i vasai e i fabbri. Entrambi usavano il potere del fuoco per produrre oggetti socialmente apprezzati, come ad esempio vasi o armi.

Taglia e Brucia

Nonostante le numerose varianti regionali, la tecnica del "taglia e brucia" si riduce all'applicazione che il legno morto è molto più infiammabile di quello vivo. Quindi, nell'area prescelta per il disboscamento, si comincia col far morire gli alberi tagliando rami e scortecciando ad anelli i tronchi. Qualche mese dopo, quando il fuoco viene appiccato sui tronchi morti, le fiamme distruggono il bosco molto più velocemente. Ma con la presenza di un'attività agricola intensiva, sia la terra che il bosco sono diventati più rari e quindi la tecnica del "taglia e brucia" viene considerata "sprecona". Nonostante ciò, questa tecnica rappresentò un passo importante nel processo di civilizzazione, poiché il potere distruttivo del fuoco venne usato per una strategia ecologica.
Dopo che la pratica del taglia e brucia si esaurì, il mezzo più importante per lavorare la terra in Europa divenne l'aratro.

La Trasformazione Agraria - 30.000 anni fa

Molto tempo dopo l'addomesticamento del fuoco, gli uomini cominciano ad occuparsi alle cure e al controllo di alcuni animali ed alcune piante. Ciò segnò una grande trasformazione ecologica operata dagli uomini che non avrebbe potuto realizzarsi senza il controllo del fuoco. Infatti,  con esso, inglobarono nella società piante ed animali selezionati ai quali estesero cure e controllo e diedero origine ad un processo di selezione artificiale per migliorarne le qualità più compatibili con i bisogni umani. Come per millenni gli uomini avevano alimentato il fuoco con combustibile e lo avevano protetto dagli agenti atmosferici, ora cominciarono a coltivare il loro patrimonio domestico e a proteggerlo. Questo portò ad un incremento considerevole della popolazione e ad un potenziale aumento della qualità di vita. Cosi come per il fuoco, il controllo dell'addomesticamento di piante e animali portò ad una crescente dipendenza da ciò che veniva controllato. Un importante utilizzo del fuoco in questo periodo è soprattutto il disboscamento mediante l'incendio delle foreste al fine di ottenere terreno fertile per l'agricoltura e l'allevamento. Ma bruciare un tratto di foresta prescelto non era cosa semplice. Infatti durante la maggior parte dell'anno, le piante sono ricche di linfa e non bruciano facilmente; in altri periodi la vegetazione può diventare cosi secca che, una volta che il fuoco divampa, è difficile contenerlo. Per superare questa difficoltà, l'uomo ricorse alla tecnica del "taglia e brucia".
Con il tempo però si scoprirono nuovi sistemi per lavorare la terra, come l'aratro, l'irrigazione, etc., che rese possibile sfruttare un'area disboscata anno dopo anno senza interruzione. Il ruolo del fuoco si ridusse a compiti minori come l'eliminazione di stoppie o rifiuti.

mercoledì 13 aprile 2011

In rapporto con l'Uomo - 1 milione di anni fa ca.

Il controllo del fuoco prevede tre tappe: conservazione del fuoco, trasporto del fuoco, produzione del fuoco. La possibilità di controllare il fuoco ha inciso profondamente nella vita dell'uomo, non solo dal punto di vista fisico, ma anche nel suo rapportarsi con i simili e l'ambiente che lo circonda.
La capacità di cuocere il cibo permise all'uomo di avere alimenti più sani e morbidi. Questo è un fattore importante dal punto di vista fenotipico. Infatti l'inutilità di una dentatura robusta e una struttura mandibolare forte, ha consentito uno sviluppo differente del cranio, con eventuali ricadute sullo sviluppo cerebrale. Il controllo del fuoco ebbe effetti importanti anche in relazione all'ambiente circostante, infatti l'uomo può affrontare meglio l'oscurità, avendo a disposizione una fonte di luce trasportabile; può combattere gli animali feroci, intimoriti dal fuoco... In conclusione, l'uomo di fronte la natura, con il controllo del fuoco, assume una posizione di privilegio rispetto agli altri animali

La tecnica per il controllo del fuoco, assicurando luce e calore, ha quindi, reso possibile migrazioni verso zone con clima più freddo. I segnali prodotti dal fuoco - fumo -, poi, furono un primitivo utilizzo del fuoco come mezzo di comunicazione. Inoltre, il fuoco rese presto possibile la metallurgia

Antiche Tecniche di Accensione del Fuoco

Nella preistoria, i modi con cui il fuoco poteva essere acceso possono essere divisi in due gruppi:

-A percussione: consiste nel battere insieme un minerale, con percentuali di zolfo, con una pietra molto dura. Si producono scintille che danno origine alla combustione:



-A frizione a legna: consiste nello strofinare insieme due legni, i quali, generando attrito, producono segatura e calore. Quando la temperatura arriva a circa 250°C, la segatura comincia a bruciare.
Esistono vari sistemi a frizione a legna come: trapano da fuoco, a sega, ad aratro, etc...



L'Alba dei Tempi - 1 milione di anni fa ca.

L'uso del fuoco è uno degli aspetti fondamentali che differenzia l'uomo dagli altri animali. La data della sua scoperta è incerta ma l'archeologia indica che i nostri antenati abbiano appreso il controllo del fuoco circa 790.000 anni fa. Inoltre, un sito archeologico in Sudafrica ha rilevato tracce di fuoco controllato risalenti ad un milione di anni fa. E' impossibile sapere se l'Homo erectus fosse già stato capace di "produrlo", ma si ipotizza che, all'inizio, lo abbia preso da eventi naturali come ad esempio incendi nelle savane. Il problema fu quello di mantenerlo acceso. L'uomo cercò di controllarlo ricorrendo alla "conca del fuoco", ovvero una buca scavata nel terreno con funzione di braciere. In seguito, venne utilizzato un focolare ottenuto mediante un anello di pietre raccolte intorno al fuoco. Successivamente i nostri antenati costruirono strumenti adatti all'accensione.


sabato 9 aprile 2011

Significato ed Etimologia

Il Fuoco è un fenomeno luminoso e calorifico, risultante della combustione di due o più corpi insieme combinati. Il termine è comunemente riferito alla combinazione di un bagliore brillante collegato ad una grande quantità di calore emessa durante un rapido processo autoalimentato di ossidazione esotermica di gas rilasciati da un combustibile. Il termine "fuoco" deriva dal termine latino focus che indicava in origine il focolare della casa, posto nell'atrio e circondato dagli altari degli dei familiari. Esso era considerato come luogo sacro e quasi il centro della casa, nodo della famiglia. Nella moderna tecnologia invece, il termine focolare è passato ad indicare la parte di un impianto di combustione dove viene incendiato il combustibile. Comunque, a mano a mano la parola venne sostituita, specie nell'ambito popolare, con il termine ignis che possedeva il vero significato di fuoco. Secondo le ricostruzioni linguistiche sembra sia collegato al verbo latino foveo e al greco φῶς (phos) ossia luce.

giovedì 7 aprile 2011

DIZIONARIO & ABBECEDARIO

fuoco (Italiano)
ignis (Latino)
fire (English)
Feuer (Deutsch)
feu (François)
fuego (Español)
(huǒ) (中文)


ABBECEDARIO:

Accendino
Brace
Calore
Divinità
Energia
Fumo
Gas
H (Idrogeno)
Inferno
Luce
Metallurgia
Napalm
Ossidazione
Plasma
Riscaldamento
Sole
Torcia
Ustione
Vento
Zolfo

PREFATIO


Concepisco, e soprattutto condivido, questo blog per dare una visione totalizzante di uno dei quattro Elementi fondamentali presenti in natura, il Fuoco, soffermandomi non solo sul campo filosofico, ma soprattutto sul campo"tecnico", ovvero il Fuoco come strumento, come Ars!

Spero che il seguente Blog possa "infiammare" la vostra curiosità e possa, come Prometeo, donare qualcosa di importante


"Il fuoco attrae l'uomo che vi si identifica." E. Canetti